«I nostri messaggi hanno un fondamento molto solido»
Gli scambi con la sezione Ricerca e con le esperte e gli esperti di psicologia, architettura e altre discipline sono uno degli aspetti più stimolanti e arricchenti del lavoro di Marianne Sterchi: «Prima di lavorare all’UPI non avevo mai partecipato alla realizzazione di campagne con una base scientifica così ampia. I dati della ricerca infortunistica sono il nostro fondamento e la nostra forza. Solo quando abbiamo acquisito tutte le conoscenze necessarie possiamo iniziare il lavoro concettuale. I nostri messaggi hanno un fondamento molto solido. Dobbiamo conoscere molto bene i nostri gruppi target e capire come possiamo motivarli a evitare i rischi d’infortunio. Con questo obiettivo conduciamo indagini mirate, ad esempio analisi di marketing sociale».
Marianne Sterchi apprezza anche la diversità delle campagne di cui si occupa. «Ci rivolgiamo a giovani motocicliste e motociclisti, sportive e sportivi ma anche a persone anziane, con un denominatore comune: ridurre gli infortuni più frequenti. Mettiamo la massima cura nella realizzazione delle nostre campagne. Ogni volta imparo qualcosa di nuovo. Ho inoltre la fortuna di avere colleghe e colleghi che lavorano con grande impegno e passione. Un mix di persone, storie e percorsi assolutamente unico e speciale. Non immaginavo che questo lavoro fosse così variato e dinamico».
La pubblicità come specchio della realtà? All’UPI non è un paradosso.
Marianne Sterchi ha iniziato il suo percorso professionale come tipografa. Di quel periodo le è rimasto l’amore per l’estetica e per i libri. La sua sete di conoscenze e nuove esperienze l’ha spinta a formarsi e perfezionarsi in svariati ambiti, acquisendo un know how che all’UPI può mettere in pratica ogni giorno. «Cercavo un lavoro che avesse un senso. All’UPI l’ho trovato: evitare alla gente infortuni e sofferenze. È importante».
Pur lavorando nella prevenzione degli infortuni, non si considera una fanatica della sicurezza. «Sono cresciuta in un piccolo paese insieme ai miei fratelli e alle mie sorelle. I nostri genitori ci lasciavano molta libertà e siamo sopravvissuti a innumerevoli avventure senza danni. Oggi posso dire di situarmi più o meno a metà tra il rischio e la sicurezza, anche perché conosco i miei limiti. So che il rischio zero non esiste, soprattutto per una come me che ama lo sport e l’attività fisica». Comunque ammette che un po’ di deformazione professionale c’è: «Quando corro uso sempre più spesso una fascia rifrangente».